Campagna vaccinale in Arginone

Dal 28 aprile 2021 ha avuto avvio la campagna di vaccinazione di massa dei detenuti all’interno della casa circondariale Costantino Satta di via Arginone a Ferrara. Ne dà pomposamente l’annuncio ai media locali il prefetto, Michele Campanaro, sottolineando tronfio come questo rappresenti “un tassello importante per l’accelerazione del piano vaccinale” e come il carcere di Ferrara sia il primo in Emilia-Romagna ad intraprendere il passo. Non sono mancate le ipocrite esternazioni di soddisfazione da parte di vari rappresentanti istituzionali coinvolti: in prima linea per l’autocelebrazione troviamo Maria Nicoletta Toscani direttrice dell’Arginone e Monica Calamai, direttrice generale dell’Ausl di Ferrara.

“La prima casa circondariale in Emilia-Romagna”. Come sempre non manca la somministrazione di una adeguata dose di retorica della competizione nazional-patriottica, funzionale all’invisibilizzazione della merda che l’istituzione carceraria rappresenta in sé, un primato sì difficilmente uguagliabile al di là delle toppe ipocrite che vorrebbe mettere per darsi una patina di “reclusione più umana e sensibile” e quindi tollerabile ed accettabile.

Il grosso delle vaccinazioni è avvenuto fra il 28 aprile e il 4 maggio,
con l’iniezione di un centinaio di dosi di Pfizer al giorno.
Tale azione all’interno del carcere si inscrive nella più ampia campagna nazionale disposta dal generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario all’emergenza Covid nominato dal governo Draghi, in base alla direttiva sulle priorità della campagna vaccinale e alla richiesta dello stesso di accelerare la vaccinazione delle persone detenute, a livello nazionale.

E’ così che il 28 aprile in occasione della prima giornata di
vaccinazione dei detenuti in Arginone hanno sfilato insieme a Calamai e Toscano anche la comandante di reparto Annalisa Gadaleta, l’ispettore referente direzione Covid Paolo Martino, il responsabile medico Diego Arcudi, il responsabile organizzativo infermieristico Fabio Ferraresi, in un memorabile momento in cui non sono mancate ipocrite sviolinate su quanto la “popolazione carceraria, per la sua stessa condizione di chiusura, merita attenzione”.
Una particolare attenzione che avrebbe la pretesa di nascondere la
realtà del carcere e il trattamento a cui lx prigionierx sono
costantemente espostx, come se non bastasse la privazione stessa della libertà, e che per l’inasprimento delle misure restrittive con la scusa del Covid hanno portato alle rivolte avvenute in più di 70 carceri in Italia a marzo 2020 represse con spari, pestaggi e l’omicidio di 14 detenuti.

Era difficile pensare che l’attuale campagna “militar-vaccinale” non
sarebbe arrivata in carcere mascherata da buonismo a magnanimità, nel silenzio generale di uno scenario in cui non si batte ciglio di fronte al processo di medicalizzazione forzata che ha caratterizzato l’epoca Covid sin dal principio e culminata con l’introduzione del concetto “o ti vaccini o sei una merda”.
Eppure ci sembra importante sottolineare come quanto avvenuto nel
carcere di Ferrara sia solo uno dei tasselli che segnano l’importante
salto in avanti garantito dall’emergenza Covid di un più ampio processo che intreccia accelerazione dell’ingegneria genetica in ambito biomedico e sperimentazione di massa in cui, inutile dirlo, certi individui hanno meno libertà di altrx di scegliere se aderire o no e senza ricatti al processo.

Mentre le multinazionali farmaceutiche e gli Stati si spartiscono i
relativi interessi della campagna vaccinale tramite brevetti e
quotazioni in borsa, la propaganda medica, politica e mediatica
identifica come feticcio del proprio antgonismo lx “negazionista”, che non è altro che la costruzione sociale fatta ad arte attorno a chiunque esprima un parere anche solo velatamente critico nei confronti delle politiche militar-sanitarie tremendamente repressive, razziste e classiste anti-Covid o che viene derubricato a becero cospirazionismo di destra.
Veniamo subissatx quotidianamente da bollettini di guerra che tramite metafore belliche ci fanno ingollare senza dire “ma??” la
somministrazione di vaccini mRNA, vedasi in prima fila proprio il
vaccino Pfizer-BioNTech somministrato ai detenuti del carcere di via Arginone.
I vaccini sviluppati grazie alla tecnologia mRNA sono un prodotto
dell’ingegneria genetica [il vaccino inoculato contiene una proteina
sintetica immunogena ovvero responsabile dell’attivazione dell’immunità nei confronti del virus. I vaccini “tradizionali” al contrario contengono proteine di virus reso innocuo, la cui somministrazione provoca la risposta immunitaria dell’organismo quando incontra il virus. Per approfondimenti Opuscolo: Contro i vaccini dell’ingegneria genetica. Contro la sperimentazione biotecnologica di massa e Note urgenti contro la campagna militar-vaccinale AGGIORNATO]
Per l’avviamento della produzione e distribuzione di questi lo stesso
Parlamento Europeo ha adottato una deroga temporanea alla direttiva 2001/18/CE relativa alla disseminazione volontaria di organismi geneticamente modificati nell ’ambiente e alla direttiva 2009/41/CE relativa all’utilizzo di microrganismi geneticamente modificati.

Questo articolo non ha l’obbiettivo di discutere la bonarietà o meno dei vaccini, ma di  mettere al centro come i vaccini mRNA anti-Covid così come i dispositivi di contenimento e controllo repressivi messi in atto dallo Stato non solo risultano avere un ingente risvolto economico per i soliti noti, tra governi e multinazionali. Sono anche un ottimo stratagemma per Stati, sistema carcerario e capitalismo di non soccombere neanche questa volta ma riadattarsi al nuovo  contesto perché tutto rimanga come prima, nonché un ulteriore passo verso un approccio sanitario che si interseca sottilmente con l’aspetto repressivo, nascosto dietro le buone intenzioni della preservazione della salute pubblica, ma che limita le diverse possibilità di autodeterminazione rispetto al proprio concetto
di salute visto come un qualcosa di più ampio del semplice mantenimento organico e biologico del corpo a scopo produttivo.
Un approccio che vede le istituzioni immancabili protagoniste della
strumentalizzazione del concetto di vulnerabilità, come strumento per la depoliticizzazione e privazione della libertà di autodeterminazione degli individui, imponendo con macho-paternalismo la decisione di cosa è giusto per loro dall’alto.

Di fronte al qualunquismo che ci circonda, varrebbe sicuramente la pena iniziare a porsi delle domande sulle implicazioni politiche di tutto ciò. Noi non abbiamo nessun dubbio rispetto al nostro posizionamento in opposizione alle sperimentazioni biotecnologiche e politiche nelle carceri e al suo esterno, all’istituzione carcere stessa, e ad ogni forma di sfruttamento, controllo e nocività.